Qualche giorno fa ho visto Paradiso Amaro (The Descendants),
nella rassegna Arianteo (Cinema all’aperto) di Milano, presso la magnifica
cornice del Castello Sforzesco (escluso il fattore zanzare fameliche, che ormai
resistono anche agli spray tropicali, l’atmosfera era davvero magica).
Il film, che vede protagonista un Clooney che proprio per
questo ruolo ha ricevuto una nominations agli oscar, racconta i giorni di agonia vissuti dalla
famiglia King dopo l’incidente con gli sci d’acqua che ha distrutto la vita di Elisabeth,
moglie di Matt (interpretato da Clooney), ormai ridotta a un vegetale. Marito
indifferente e padre assente, assorbito dalla gestione del trust di famiglia
(che controlla un patrimonio enorme di terre vergini nelle Hawaii), Matt dovrà
affrontare da solo questa terribile situazione e cercare di recuperare il
difficile rapporto con le figlie, la ribelle Alexandra e la piccola Scottie.
Durante una discussione con Alexandra, che si rifiuta di andare in ospedale a
far visita alla madre, Matt scopre che la moglie aveva un’amante ed era
intenzioanta a chiedere il divorzio. La notizia lo travolge e, mentre
acconsente ai medici di staccare la spina, dietro volontà della stessa
Elisabeth che ha lasciato un testamento biologico, parte con le figlie alla
ricerca di questo uomo sconosciuto per affrontarlo e invitarlo a rendere visita
a Elisabeth prima che muoia.
Il film affronta con toni mai angoscianti, temi difficili e
delicati come il tradimento e il testamento biologico. Se da un lato la
cinepresa non esita nel mostrare le conseguenze di un corpo lasciato a morire
naturalmente, dall’altro i dialoghi, spesso leggeri e umoristici,
sdrammatizzano la situazione e alleggeriscono il contenuto della trama. Il
tutto è ambientato nel paradiso terrestre delle Hawaii, territorio ancora
magico che regala paesaggi da sogno (è il secondo film in poco tempo che vedo
ambientato alle Hawaii; poche settimane fa avevo visto in tv Soul surfers, vera
storia di Bethany Hamilton, la surfista, oggi professionista, che a 13 anni ha
perso un braccio a causa dell’aggressione di uno squalo proprio al largo di Kauai)
che colpiscono l’immaginazione e fanno desiderare di andarci al più presto
nonostante la grande distanza.
Impeccabile l’interpretazione di Clooney e di Shailene Woodley (la figlia maggiore, Alexandra
King). La regia è quella di Alexander Payne, già autore di capolavori quali Sideways
e A proposito di Schmidt.
Il film mi ha fatto riflettere sul tema del fine vita e del
testamento biologico. Tema scottante che
ha dato luogo ad accesi dibattiti negli ultimi anni. Proprio ieri, nel corso
degli incontri della Milanesiana, manifestazione culturale patrocinata dalla
provincia di Milano, sul tema “L’etica del lavoro”, un famoso cardiochirurgo
presentava le sue riflessioni sull’accanimento terapeutico nei confronti di
malati senza speranza. Anch’io purtroppo mi sono trovata in una situazione così
e scegliere non è facile. E non è nemmeno giudicabile una scelta o l’altra.
Possiamo solo sperare che un giorno la medicina, come anticipava questo medico,
sia sempre più incentrata sul paziente a tutto tondo e porti a valutare quindi non solo la malattia e le cure in senso
stretto, ma anche il livello di vita e le aspirazioni della persona, con una
risposta che possa soddisfare al meglio tutti questi aspetti.
E voi cosa ne pensate? Avete visto il film e vi è piaciuto?